Beni comuni digitali
L'uso consapevole degli strumenti digitali per una produzione collettiva di dati e conoscenza
Beni Comuni: il contesto
Quando parliamo di beni comuni intendiamo quei beni che - per dirla con Nicola Capone - sono « più che pubblici e più che privati ».
I beni comuni crcolano al di fuori del mercato, attraverso i canali dell'economia informale e sono di fatto "non escludibili", caratteristica fondamentale di ogni bene considerato pbblico.
La cura dei beni comuni è da tempo oggetto di attenzione da parte delle istituzioni e terreno fertile in cui sperimentare politiche di amministrazione condivisa.
Attraverso un’UIA della precedente tornata, ad esempio, l’Europa ha sostenuto il progetto Co-city che per anni ha promosso patti di collaborazione tra alcuni gruppi di torinesi attivi e il Comune di Torino, con oggetto la cura condivisa dei beni comuni, tra cui nuovi spazi e servizi.
Fu il Comune di Bologna, con la pubblicaizone del Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministratori per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani ad aprire la pista a questo rivoluzionario stile di governo, nel 2014. Il regolamento di Bologna rappresenta di fatto il modello per tutte le amministrazioni comunali che si sono impegnate a loro volta nell’adozione di tale strumento di collaborazione per la gestione dei beni comuni.
Il dibattito italiano sulle risorse comuni, tuttavia, tende a concentrarsi su aspetti materiali. I Rapporti Labsus del 2017 e del 2019 fotografano ad esempio sempre in testa alla classifica dei patti di collaborazione la cura di spazi vegetali.
Una riflessione a parte merita il tema del dato (digitale) come bene comune e delle diverse modalità per una loro gestione conndivisa.
Beni Comuni digitali
Basta varcare le Alpi tra Italia e Francia per notare che tutto il dibattito sui beni comuni è invece lì concentrato in prima battuta sui beni comuni digitali, da anni. Anche i francesi attivi hanno la cura dell’ambiente tra le proprie passioni civiche, ma questo coincide con un’attenzione prioritaria alle piatteforme digitali connesse con il tema. Considerare i dati come bene comune significa promuovere e diffondere una cultura digitale collettiva e consapevole!
Un esempio che può rendere l’idea è quello delle comunità di abitanti nei Pirenei che si sono attivate per produrre energia pulita: culturalmente, la prima azione messa in campo è stata la richiesta di dati digitali sul consumo tradizionale di energia, come base per progettare una piattaforma alternativa capace di accompagnare la transizione verso una gestione alternativa delle risorse energetiche.
Le piattaforme digitali cooperative rappresentano un esempio interessante e stimolante rispetto all' uso che può essere fatto del digitale per un'amministrazione condivisa dei beni comuni.
In questa direzione si muove l'Associazione Coop del Communes che dal 2016 lavora per consentire ai beni comuni di "fare sistema" nel promuovere forme di reciprocità, azione collettiva ed esperienze concrete di democrazia in linea con le trasformazioni digitali, ecologiche e sociali. L’Associazione nel 2017 ha avviato il progetto Plateformes en communs (Piattaforme in comune) che raccoglie e mette a sistema quelle piattaforme digitali che, proponendosi come alternativa alla grande distribuzione, assumono un ruolo essenziale nella convergenza tra cooperativismo, economia sociale e solidale, promozione dei beni comuni e difesa dei principi democratici.
Si tratta di soluzioni aperte, replicabili a livello locale e gestite da/per gli utenti capaci di creare un’infrastruttura di cooperazione digitale strettamente legata alle missioni di interesse generale della comunità: circuiti alimentari corti (Coopcircuits), logistica di consegna urbana (Coopcycle, in diversi Paesi europei), mutuo soccorso tra cittadini (Pwiic), turismo solidale (Fairbnb, Oiseaux de Pass, Fablabs, ecc). Il progetto DARE ha scelto 3 esempi, selezionati tra le piattaforme premiate da Coop des Communs nell’ambito del Forum 2020 des Plateformes Coopératives