Srotola la tua memoria: il dietro le quinte!
Nei processi produttivi c'è sempre una parte che non si conosce e non appare, come nei backstage di un film, o nascosta dietro al sipario del teatro: così è anche nelle ricerche.
Nel nostro caso vorremmo qui svelare cosa si nasconde dietro le quinte di Srotola la memoria - un’azione di ricerca condotta dal Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna – laboratorio di FrameLAB con la collaborazione di Sguardi in camera.
I ravennati sono stati invitati a partecipare, ad aprire i loro cassetti, armadi, a sfogliare album, recuperare fotografie e film 8mm, super8, 16mm e 9,5mm. La risposta è stata notevole, risultato non scontato se si considera il periodo storico difficile, come quello della pandemia da Covid e le relative restrizioni per il contenimento.
Diamo i numeri, allora
Nei quattro mesi di campagna di raccolta: 535 fotografie, 6080 metri pellicole 8mm, super8 e anche 9,5mm (non tutte riguardavano direttamente il territorio Darsena).
I fondi raccolti (sia filmici che fotografici) sono 41.
Una ricerca a parte ha riguardato il coinvolgimento di imprese,tra le quali CMC e Sapir, che hanno consegnato fotografie provenienti dai loro archivi, che parlano della storia del quartiere, del porto e delle attività produttive.
Non basta raccogliere, occorre altro
Dietro ogni campagna di raccolta c’è un lento e meticoloso lavoro di tessitura, poco visibile, ma fondamentale: per ogni fondo individuato occorre raccogliere informazioni, racconti, ascoltare e domandare. Alla base c’è la consapevolezza che le fonti visive, private e inedite, hanno necessità di un trattamento diverso, di una specificità nella descrizione, che solo attraverso la convinta partecipazione dei cine-donatori e dei foto-donatori è possibile attuare,
quasi una condivisione al progetto, di chi ci consegna i materiali, solo così si traccia un percorso di narrazione collettiva di una comunità e di una città.
Certo, le fasi di lavoro sono simili ad altre fonti: il riordino, l’inventariazione, la catalogazione, il trattamento e il trasferimento in digitale. Nel caso delle pellicole amatoriali nei formati non professionali (9,5mm, 8mm, Super 8 e anche 16mm) a tutto questo si aggiunge l’urgenza del recupero per la salvaguardia di un patrimonio filmico che l’obsolescenza delle tecnologie di visione ha reso difficilmente accessibili. Molti dei supporti consegnati (bobine di diversi formati) spesso sono inediti per chi li sta consegnando, mancano le informazioni, sul contenuto delle pellicole. Da qui, la necessità di un intervento di restauro e la relativa ri-mediazione (dalla pellicola analogica al file digitale).
Fuori quadro
Una fotografia in bianco e nero, tre ragazze che sorridono. Niente di rilevante, se non il set, lo sfondo in cui sono inserite le tre ragazze, sono le torri Hammond del complesso SAROM (Società Anonima di Raffinazione Olii e Minerali).
A noi, oggi, interessa leggere la narrazione della/nella fotografia, il fuori quadro.
Ravenna, primi anni Cinquanta, l’imprenditore Attilio Monti (1906 – 1994) fonda la SAROM, che entra in funzione nel 1951. Per la città e gli abitanti è una svolta: inizia la trasformazione del territorio e della società. La stessa consapevolezza, lo stesso orgoglio, la stessa speranza le troviamo nelle fotografie di Cesare Camerani, tecnico assunto in SAROM nel 1952, che documenta dall’interno, la costruzione della fabbrica, gli sforzi collettivi, le competenze e metodologie,, l’applicazione delle tecnologie più moderne.
Quattordici anni dopo Michelangelo Antonioni nel film Deserto rosso, coglie in modo opposto quello stesso set. Giuliana, interpretata da Monica Vitti, è inquadrata fuori dallo stabilimento con il figlio: il suo malessere interiore, lo straniamento, lo smarrimento sono evidenziati anche dalla visione del paesaggio industriale, un luogo ostile, inquinato, scuro, grigio.
Tra Ginetta Vallicelli e Monica Vitti è trascorso un decennio, ma è forte l’impressione di trovarsi di fronte a due ere.
La speranza nel futuro di Ginetta, anni ’50, si è dissolta nello smarrimento alienante, di Monica Vitti-Giuliana nel 1964.
Lo stupore di fronte ai film di famiglia
Rivedere oggi le immagini inedite e amatoriali di sessanta o anche settanta anni fa, provoca una certa incredulità e un misto di stupore. Riconoscere luoghi, edifici, strade, dalle riprese dei cineamatori ci incuriosisce.
Ma è cinema? Sono film? O come viene definito da storici e studiosi degli homemovies è “fotografia animata”? È tutto questo senza esserlo in pieno.
Nel 2017, Sguardi in camera aveva già realizzato una precedente campagna di raccolta, in collaborazione con il Comune di Ravenna e all’Istituzione Biblioteca Classense, Fondazione Casa di Oriani, e con Home Movies Archivio nazionale del film di famiglia. Sessantanove ravennati hanno risposto alla chiamata pubblica consegnandoci quasi 180 ore di film.
Una parte di questo patrimonio è visibile nel primo portale italiano del cinema privato Memoryscapes. Negli home movies, oltre alle ritualità familiari tipiche, non è raro trovare anche avvenimenti che riguardano la città, occasioni speciali, o anche solo riprese che documentano luoghi e persone che si amano. Nel corso della prima campagna di raccolta sono emerse sequenze girate alla Darsena di Ravenna, così da farci pensare che quest’ultima fosse ritenuta un luogo interessante, un set in cui recarsi per fare riprese, impegnando tempo e investendo 4 minuti di pellicole 8mm (equivalente alla durata di un carter 8mm della lunghezza di 15 metri), smentendo la voce comune che i ravennati non conoscevano, non frequentavano e non amavano il canale Candiano e la Darsena.
Due esempi per tutti
Negli anni Sessanta, i cineamatori Claudio Benini e Sauro Pasi, in due stagioni diverse dell’anno, inverno e primavera, ci mostrano tutto il fascino delle pellicole 8mm: il set è la Darsena, i famigliari si muovono e hanno come sfondo il canale con le grandi navi merci ormeggiate in testata Candiano, i carriponte che permettono il carico e scarico delle merci, i rimorchiatori che transitano.
Una pellicola in bianco e nero, quella di Benini, la prima girata del cineamatore, lui stesso racconta del suo tentativo, ancora incerto di catturare la magia della neve di marzo sulla Darsena, sotto lo sguardo divertito e complice della fidanzata Adriana. Il luogo delle riprese è un luogo di lavoro, il Consorzio agrario, tra la neve si muove Adriana con gli amici e Claudio Benini documenta con la sua nuova cinepresa la scena.
Sauro Pasi con una pellicola Ferrania 8mm riprende la lunga passeggiata della moglie e della figlia durante un giorno di festa, una sequenza in cui vediamo un marinaio in bicicletta, un passante, le navi merci ormeggiate. Riconosciamo gli edifici e i luoghi di lavoro, la Montecatini, i Silos granai, la Capitaneria di Porto.
Nel corso dell’ultima campagna di raccolta, Marco Garoni ci ha consegnato una pellicola 8mm in bianco e nero, più recente, del 2000, una ripresa in macchina nella Darsena, un lungo camera car. Ma ci appare subito un altro territorio, un luogo dismesso, transennato, le navi ora che vediamo ormeggiate, sono ferme, sotto sequestro.
Garoni che conosce e ama la Darsena, perché la sua famiglia vi ha abitato, cerca di mostrarci come è cambiata rispetto al periodo in cui lui, bambino dagli anni Settanta, ci viveva e ci giocava.
Oggi siamo di fronte ad un ennesimo cambiamento. Forse dovremmo ricercare la consapevolezza di quello che siamo stati e di quello che diventeremo, cercando di avere cura e attenzione per i luoghi, le memorie che narrano, le persone che vi transitano.
Le immagini, film e fotografie, sono un potente dispositivo, una lente di ingrandimento che ci permette di fermarci ad osservare, con lentezza e attenzione
Solo così avremo la consapevolezza del cambiamento, degli altri punti di vista, di sguardi diversi dai nostri. Soprattutto oggi.